Gli Dèi della Terra
Domenica 15 Maggio, ore 18
Teatro degli Avvaloranti

Gli Dèi della Terra - in memoriam Gian Claudio Mantovani


poema musicale di Tonino Battista
su testo di Kahlil Gibran

per due voci recitanti, soprano/arpa, mezzo soprano/chitarra, trio d'archi, quartetto jazz, quintetto di chitarre, organo/clavicembalo, coro a 16 voci.

con
Luca Zingaretti, Il primo Dio
Peppino Mazzotta, Il secondo Dio
Micol Picchioni, il terzo Dio
Marco Socías, chitarra
Marcello Rivelli, chitarra
Matteo Staffini, chitarra
Francesco Teopini, chitarra
Michele Corbu, chitarra
Pierluigi Mencaglia, violino
Silvia Palazzoli, violino
Diego Roncalli, violoncello
Daniele Mencarelli, contrabbbasso
Angelo Lazzeri, chitarra elettrica
Rossano Emili, sassofoni
Anna Rossi, chitarra e voce
Michele Rossetti, tastiera
Marco Valeri, batteria
Coro "Accademia degli Unisoni"
diretto da Leonardo Lollini

Direttore: Tonino Battista




Gli Dèi della Terra – in memoriam Gian Claudio Mantovani” è un poema musicale basato sull’omonimo testo poetico del poeta libanese Kahlil Gibran. La funzione poetica del linguaggio di Gibran domina su ogni altra funzione e soprattutto su quella referenziale: sarà vano dunque cercare una “mistica” sottesa alla sua poesia. Gli Dèi di Gibran hanno fondamentalmente valore evocativo: sono, in sostanza, l’anello di congiunzione tra il cielo e l’umanità, una sorta di Prometeo con facce molteplici. Ciascuno di loro, definiti “gli dèi titani” nel prologo, dà vita all’umanità e ne rappresenta un aspetto. Il primo dio è l’immagine ascetica, colui che vuole distaccarsi dal mondo per seguire la personale aspirazione all’infinito senza legami; il secondo dio, forse, è l’animo politico, colui che contrasta la visione del primo dio e le contrappone il pragmatismo utilitaristico del creatore padrone dell’umano; il ruolo del terzo dio, inascoltato dai fratelli per tutta la prima metà del poema, è quello di indicare, agli occhi degli altri due, l’amore descritto nell’incontro tra un giovane cantante e una danzatrice. L’amore, che Gibran mette al di sopra delle facoltà ultraterrene degli Dèi, è armonia degli opposti, impulso, attrazione, forza che trasforma le cose e gli esseri:

“L’amore è una notte piegata in un pergolato sacro,
Un cielo che si è fatto prato, e tutte le stelle lucciole.
E’ vero, noi siamo l’aldilà,
E noi siamo gli altissimi.
Ma l’amore è oltre le nostre domande,
E l’amore sovrasta i nostri canti.”


Nella realizzazione del poema musicale, il primo dio è interpretato da un attore e identificato nel suono di un trio d’archi; il secondo dio prende vita da un’altra voce recitante e un quartetto composto da chitarra elettrica, sax, batteria e contrabbasso; il terzo dio è la voce di un soprano e il suono di un quintetto di chitarre classiche. Un coro SATB a 16 parti rappresenta la voce dell’umanità e viene a volte sostenuto dalla voce di un organo.

Il poema di Gibran si dipana in circa 600 versi liberi e fortemente asimmetrici che sono stati tradotti in italiano con l’intento di conservare l’immediatezza della lingua inglese originale (“la ricchezza linguistica dell’arabo e la passione che provava per quell’idioma, lo spingevano a cercare con cura le parole che meglio ne esprimevano la complessità in inglese, ma sempre in uno stile semplice” – B. Young, N.Y. 1945). Al centro del poema c’è una poesia che è stata volutamente messa in musica con il testo in lingua inglese. Questa poesia, interpretata da una voce femminile di mezzo soprano, è stata adattata ad un brano (in bozza) di Gian Claudio Mantovani (che ne ha autorizzato l’uso). Dalla successione diastematica delle note della melodia di questo brano è stato inoltre ricavato un tema, ulteriore omaggio al compianto amico e maestro, il cui sviluppo contrappuntistico in canoni e fughe costituisce una sorta di “offerta musicale” suonata dal trio d’archi associato al primo dio.

Tonino Battista
Contact Newsletter Aiutaci